La Legge 194/78, nonostante le limitazioni imposte per l’interruzione volontaria della gravidanza e l’obiezione di coscienza, a parere di chi scrive – donna con disabilità motoria che fa parte dei movimenti delle donne e della disabilità – è complessivamente una buona legge, da salvaguardare.
Inoltre ritengo che spetti alla donna, ad ogni donna, il diritto di scegliere se portare avanti una gravidanza oppure no, qualunque sia la ragione, senza contrastare il diritto alla sua piena e totale autodeterminazione.
Gran parte del mondo politico, su temi eticamente sensibili – aborto, convivenze, testamento biologico, procreazione assistita, ricerca sulle cellule staminali (che avrebbe dato speranza per molte patologie) – sembrerebbe mancare di autonomia e indipendenza culturale e politica, con una pericolosa subalternità a valori non laici, né democratici, né umani e al contempo parrebbe ostile o indifferente verso persone che, a causa delle loro diversità umane (di razza, genere, orientamento sessuale o condizioni psicofisiche), subiscono quotidianamente discriminazioni e continue violazioni dei loro diritti umani.
La recente Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità (che si spera venga presto ratificata dall’Italia) non è stata sottoscritta dallo Stato del Vaticano perché l’articolo 25 di essa, che fa riferimento all’accesso ai servizi sanitari dell’area sessuale e della salute riproduttiva, è stato percepito come un’apertura verso l’interruzione volontaria della gravidanza e pertanto risulta inconciliabile con le posizioni della Chiesa [a tale questione il nostro sito ha dedicato i testi disponibili cliccando qui, qui e qui, N.d.R.].
Sconcerta poi che quest’ultima non abbia preso in considerazione neppure l’ipotesi, prevista dal diritto internazionale, di esprimere una riserva sul testo, in particolare sull’articolo in questione, sottoscrivendo il resto della Convenzione.
In realtà, con la Convenzione, per la prima volta nella storia, si sancisce il diritto per le donne con disabilità ad avere una vita sessuale e la possibilità di scegliere se interrompere o portare avanti una gravidanza, senza prevaricazioni.
Mi chiedo a questo punto se il Vaticano condivida o meno l’idea che sulla disabilità si passi da un modello medico e veteroassistenziale, che ha consentito di relegare in istituzioni chiuse migliaia di persone con disabilità, a un modello sociale che valorizza le diversità umane e promuove, protegge e assicura il pieno ed eguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali delle donne e uomini con disabilità (articolo 1 della Convenzione).
Ancora oggi succede che le donne con disabilità, a causa di barriere e pregiudizi, abbiano grosse difficoltà ad accedere ai servizi sanitari di prevenzione e cura delle patologie e a quelli riguardanti la sfera sessuale e riproduttiva e che donne con disabilità intellettiva subiscano violenze e abusi spesso impuniti o, se rilevati, considerati fatti “di lieve entità”, come recentemente sentenziato dalla Corte d’Appello di Campobasso [sulla vicenda si legga nel nostro sito il testo E dopo nove anni lo stupro diventa più lieve!, disponibile cliccando qui, N.d.R.].
È davvero curioso, in conclusione, che si difenda con tanta veemenza il diritto alla vita e si “dimentichino” le condizioni di vita reale di tante persone discriminate e spesso le più povere tra i poveri, ancor più se di genere femminile.
*DPI Italia (Disabled Peoples’ International). Componente del Gruppo Donne della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e del Consiglio Direttivo del Coordinamento Para-Tetraplegici del Piemonte.
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