«Col cuore gonfio di tristezza e spinta dalle urgenti necessità di questa mia esistenza, troppe volte segnata dal dolore, lascio San Chirico Raparo e l’amata terra lucana per andare incontro al mio destino. Porterò il mio cuore a Carpi, lontano dalla terra che amo, accanto alla mia dolcissima sorella che ha rinunciato a tutto pur di avermi vicina: là auspico di trovare la forza per ricominciare. Lo farò anche per tutte le persone che in questo periodo mi hanno dimostrato sincera e generosa solidarietà».
E alla fine, dunque, Marietta, persona con disabilità di cui avevamo qualche mese fa raccontato la storia, definendola una “vicenda simbolo” di diritti negati (il testo si intitolava La vicenda simbolo di Marietta, che dovrà lasciare la propria casa, ed è disponibile cliccando qui), si trasferisce dalla Basilicata in Emilia Romagna. Insostenibile, a questo punto, la sua battaglia con le leggi, la politica e la burocrazia.
Torneremo a parlare direttamente con lei, ma per il momento ci sembra quanto mai opportuno cedere la parola ad una persona, un avvocato – Salvatore Pagliuca di Muro Lucano – che sempre le è stato vicino e che ben sintetizza, con questo suo intervento, il senso profondo di quanto accaduto, troppo simile a tante altre storie del nostro Paese.
La storia di Marietta, costretta ad emigrare dalla Basilicata per ritrovare condizioni di vita più consone, è l’emblema dei tanti diritti negati a chi, per disabilità, viene tenuto ai margini di una società efficientista e burocratizzata.
Che “male oscuro” la burocrazia che, con il richiamo a risorse finanziarie che non ci sono, è la “coperta corta” che non riesce a coprire le inefficienze di un sistema che presta poca attenzione alle fasce deboli della società e, a fronte dei proclami sulla necessità di un taglio alle spese della politica, sceglie sempre di tagliare i fondi destinati al sociale.
La Legge 104/92 – ben nota a tanti solerti impiegati pubblici che hanno qualche familiare in condizione di malattia o disabilità, per ottenere i tre giorni mensili per l’assistenza (e bisognerebbe verificare quanti veramente assistono il familiare!) – all’articolo 39 prevede quale compito della Regione quello di disciplinare – allo scopo di garantire il diritto ad una vita indipendente alle persone con disabilità permanente e grave limitazione dell’autonomia personale nello svolgimento di una o più funzioni essenziali della vita, non superabili mediante ausili tecnici – le modalità di realizzazione di programmi di aiuto alla persona, gestiti in forma indiretta, anche mediante piani personalizzati per i soggetti che ne facciano richiesta, con verifica delle prestazioni erogate e della loro efficacia.
Ma qual è la risposta data a chi vive nella disabilità e vorrebbe avere una vita autonoma? Un aiuto di carattere economico senza alcuna certezza sulla continuità dello stesso e sui tempi di erogazione! Dov’è il piano personalizzato? Un insieme di atti promessi, proposti, poi non approvati, poi ripresi, per arrivare ad un contributo straordinario del Comune, dovuto solo alla sensibilità di qualche Sindaco, che pure deve cedere le armi di fronte ai problemi burocratici e ai campanilismi.
Risultato: Marietta si deve arrendere e decidere, sia pur controvoglia, di lasciare il suo paese e la Basilicata!
Una sconfitta per la Regione, una sconfitta per tutti noi, ma soprattutto un dito puntato contro le inefficienze e le incapacità di una classe dirigente regionale (tutta) che non riesce ad attuare delle politiche sociali serie e scivola sempre su un assistenzialismo economico misero e senza prospettive.
Scrivevo tempo fa che la vicenda di Marietta «ha una sua potenzialità esplosiva per evidenziare la necessità di un impegno sempre più attento e incisivo da parte del volontariato e per stigmatizzare un comportamento delle istituzioni di indifferenza e di superficialità, in particolare in un 2007 che è l’Anno Europeo delle Pari Opportunità e durante il quale il ministro della Solidarietà Sociale Paolo Ferrero ha firmato a New York la Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, e per dimostrare come i diritti delle persone con disabilità siano ora come sempre, e anche nella nostra Regione, dei diritti negati».
Ebbene, l’esplosione c’è stata: la nostra terra aggiunge un altro emigrante ai tanti che sono andati via, perdendo una donna forte e determinata, che ha sempre fatto le battaglie per i propri e altrui diritti, una disabile che aveva scelto di continuare a vivere nella sua terra senza paura di reclamare una vita dignitosa e che ne è stata praticamente “cacciata” perché «la Regione dal 2007 non ha più concesso contributi straordinari».
Si impone anche una riflessione sul ruolo che può avere il volontariato nel sostenere le giuste battaglie per i diritti dei disabili.
La missione sociale del volontariato non è di supplenza o di integrazione gregaria dei servizi pubblici, ma di promozione e sostegno all’autonomia delle persone per contribuire al loro ben-essere, a quello delle loro famiglie e delle comunità locali. A tal fine, il volontariato svolge anche specifici compiti formativi e promuove una cultura delle relazioni, della solidarietà, della cittadinanza; è largamente presente nelle situazioni di emergenza; può attuare le proprie funzioni anche in partnership con gli enti locali, sulla base di progetti condivisi.
L’azione del volontariato si sviluppa, oltre che nelle forme più dirette di solidarietà, anche come cittadinanza attiva, come sollecitazione e supporto alla capacità di auto organizzazione solidale delle persone, soprattutto se disagiate e bisognose di sostegno e di quanti ne hanno cura. Nonché nella promozione di un miglior rapporto tra le stesse persone e i servizi pubblici, sia con il sostegno alla partecipazione che nelle forme dell’advocacy [letteralmente “fare advocacy” significa “perorare una causa”, N.d.R.].
La funzione di advocacy, svolta in forma diretta o mediata, dal volontariato ha radice nella condivisione e nell’esercizio diretto della solidarietà; separandosi da queste radici rischierebbe di “professionalizzarsi”, perdendo il primario impegno alla rimozione delle ragioni più profonde del disagio e dell’emarginazione.
In questo senso, il volontariato fa emergere i bisogni, tutela e promuove i diritti dei cittadini, a partire dagli “ultimi”, svolge una funzione di anticipazione, a partire da interventi caratterizzati da rapporti personali in grado di coinvolgere e creare opportunità per la valorizzazione delle persone.
A Marietta che parte, come volontario do il mio saluto e assicuro che l’impegno continua in questa nostra Basilicata, che deve sempre più rendersi conto che ogni suo cittadino, sia esso disabile o meno, ha diritto a vivere tra la propria gente con piena dignità.
*Avvocato.
– La vicenda simbolo di Marietta, che dovrà lasciare la propria casa
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– Attuare anche in Basilicata progetti di vita indipendente
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