Da lunedì 14 fino a venerdì 25 agosto il Comitato ad Hoc (Ad Hoc Committee), organo speciale cui l’ONU ha attribuito nel 2001 il compito di elaborare la Convenzione per la Tutela dei Diritti delle Persone con Disabilità e che in questi giorni si incontra per l’ottava volta, si riunirà quotidianamente con ritmo serrato, pronto a dibattere sulla scelta di ogni singolo vocabolo che compone i 33 articoli dell’elaborato in progress, nonché su tutti i temi controversi che occorrerà appianare per giungere alla stesura finale.
Di fronte agli oltre 800 rappresentanti della società civile (che hanno raddoppiato in termini numerici la propria presenza rispetto alla settima sessione) e di fronte a tutti gli altri esponenti dell’Comitato Ad Hoc, il presidente dello stesso, l’ambasciatore della Nuova Zelanda Don McKay, ha invitato i delegati a risolvere informalmente le questioni controverse, evitando dibattiti in sessione plenaria, poiché questa fase dovrebbe ormai considerarsi conclusa. Tutto ciò anche per consentire di accelerare la definizione dei compromessi necessari.
Fin dalle prime battute della discussione di New York è emersa la volontà – espressa da McKay e condivisa dalla maggioranza dei presenti – di chiudere il testo della Convenzione con la fine della sessione in corso.
Infatti, la settima sessione si era conclusa appunto con l’impegno di portare a termine l’elaborato entro il 2006. Se ultimato, esso verrà immediatamente sottoposto ad un apposito comitato per la prova di lettura, dopo la quale il report della stessa e la Convenzione verranno presentati entro l’autunno prossimo all’Assemblea Generale dell’ONU per l’approvazione formale.
Accanto però all’America Latina, ai Paesi Arabi e a parte dell’Unione Europea, che si sono mostrati favorevoli alla chiusura dei lavori entro le prossime due settimane, vi sono altri importanti Stati, come la Cina e la Russia, che vi si oppongono.
In ogni caso, per giungere alla conclusione dei lavori del Comitato, occorrerà sciogliere le questioni rimaste aperte al termine della settima sessione. Non tutti, infatti, si sono mostrati d’accordo sulle proposte relative alla cooperazione internazionale, secondo le quali gli Stati più sviluppati dovrebbero assistere quelli in via di sviluppo, anche in termini tecnici ed economici, al fine di aiutarli a rendere esecutivi i contenuti della Convenzione.
Non tutti, inoltre, sono d’accordo sulla definizione di capacità legale della persona con disabilità, perché strettamente collegata alla definizione della figura del rappresentante legale i cui poteri vanno individuati con cura, essendo l’esercizio degli stessi un limite all’esercizio della libertà delle persone con disabilità.
E ancora, già nel primo giorno si è riaperta la discussione a proposito del monitoraggio internazionale (articolo 34 della Convenzione). Si tratterebbe di istituire un comitato di esperti indipendenti – ventitré persone elette dai governi a scrutinio segreto – in grado di monitorare l’applicazione dei contenuti della Convenzione; esso dovrebbe essere altresì dotato di potere di inchiesta all’interno degli Stati firmatari. Ciascuna Nazione dovrà periodicamente sottomettere al Comitato un report che verrà valutato e discusso con gli esperti.
Secondo Sheika Hessa al-Thani, relatrice speciale sulla disabilità, e secondo l’IDC (International Disability Caucus) – gruppo che rappresenta oltre settanta associazioni di persone con disabilità in seno al Comitato ad Hoc – l’ente preposto al monitoraggio dovrebbe essere composto esclusivamente da persone con disabilità di una certa esperienza. Un tema, questo, sul quale il dibattito è ancora aperto.
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