«La disgrafia è un problema principalmente infantile che si manifesta nella scrittura quando questa sia disordinata, illeggibile e realizzata in modo eccessivamente lento o eccessivamente veloce…».
Ebbene, la nostra è una storia di disgrafia che oggi si è letteralmente trasformata in una battaglia per riabilitare nostro figlio dall’aberrante abuso psicologico di cui è stato vittima negli ultimi (e unici) dieci lunghi anni della sua carriera scolastica, a causa della difficoltà a “farsi leggere”.
Nostro figlio è disgrafico, un impedimento che lo ha segnato notevolmente perché ha vissuto una serie di insuccessi a catena senza che nessuno – fino alla diagnosi avvenuta pochi mesi fa – riuscisse a comprenderne il motivo, ma soprattutto senza che nessuno riuscisse ad aiutarlo.
Solo! Lui era il bambino troppo vivace che non voleva disegnare, che non voleva copiare alla lavagna perché troppo distratto, che dava fastidio in classe, lui era il ragazzino inadeguato per le aspettative dei professori che lo volevano ordinato, preciso e attento.
Ma lui era ed è il ragazzino solo. Solo col suo disordine di parole.
E così oggi la sua autostima, come dire, “lampeggia rosso”, è demotivato e a tratti depresso. Odia la scuola e i compagni che lo prendono in giro.
Purtroppo la diagnosi è avvenuta solo nel mese di aprile di quest’anno, casualmente, parlandone con un’amica. Una sera a cena, rallegrandoci per l’apertura del suo studio di grafologia, le mostrammo i quaderni di nostro figlio e sfogammo le nostre ansie di genitori impotenti.
Eppure lui era stato seguito per sette anni da una neuropsichiatra infantile che non è mai stata in grado di fare accettare agli insegnanti le sue difficoltà e neppure i possibili interventi. Gli insegnanti sarebbero stati disponibili solo in caso di sostegno.
Nessun esito positivo neppure dopo gli ultimi due anni passati con un nuovo psicologo, perché la scuola boccia il suo progetto di intervento, pretendendo al suo posto il sostegno.
Non sapevamo della disgrafia, ma ciò che stava succedendo a nostro figlio era comunque aberrante e così, nel novembre dell’anno scorso, ci siamo mossi chiedendo aiuto al Tribunale del Bambino proprio per le ingiustizie subite in ambito scolastico e per fare chiarezza in ambito medico.
Il Tribunale ha accolto il nostro appello e incaricato l’avvocato Veronica Pozzi per la consulenza legale.
Un paio di mesi fa, inoltre, ho inviato un appello al sindaco di Milano Letizia Moratti, chiedendo solidarietà a lei e anche a Mariarosa Raimondi, responsabile per l’Istruzione della Regione Lombardia, perché si attivasse abbracciando la nostra causa sul problema della disgrafia.
Mentre il sindaco – ovviamente – non ha risposto, la stessa dottoressa Raimondi ci ha invitato a formalizzare le nostre lamentele in forma cartacea, inviando il tutto all’Ufficio Handicap.
Nostro figlio ha superato gli esami di terza media e abbiamo completato l’iscrizione presso un Istituto Professionale di Milano, segnalando alla coordinatrice d’istituto il problema della disgrafia.
Subito ci ha chiesto se intendevamo avvalerci del sostegno… Ma il nostro ragazzo non è “handicappato” – come la scuola lo ha sempre definito – non è nemmeno dislessico, è solo disgrafico.
E tuttavia le pagelle e il rendimento scolastico si basano sulla produzione di scritti, non c’è tempo per interrogare… Cosicchè, purtroppo, la riabilitazione e il sostegno a casa non saranno sufficienti, se verrà a mancare sensibilità da parte dei docenti e se non ci saranno adeguati interventi metodologici e didattici.
Personalmente sto lavorando per fare un po’ di cultura sulla disgrafia, anche con interventi di specialisti sul sito www.disabili.com, mentre con il Tribunale del Bambino c’è il progetto di una petizione che cerca sostegni.
Alcune scuole, alcuni Comuni si stanno attivando per avviare progetti sulla disgrafia, alcuni bambini saranno aiutati, ma, parlando con i terapisti, lo scoglio maggiore sembra essere proprio il corpo docenti: sostengono di non avere strumenti.
Forse tutti insieme, ministri, insegnanti, associazioni, genitori, si potrà fare qualcosa di concreto?
*Proprio in questi giorni, in una sua lucida analisi sull’integrazione scolastica, da noi pubblicata, Salvatore Nocera ha scritto: «A questi alunni – con dislessia, disgrafia, discalculia, con disagio esistenziale, culturale, familiare o socioambientale – che ormai raggiungono circa la percentuale del 20% rispetto al 2% degli alunni con disabilità certificata, l’organizzazione istituzionale e specie quella scolastica non riservano particolari risorse, come avviene invece per gli alunni certificati con disabilità».
Sono proprio questi, quindi, quei “disagi di confine” cui abbiamo dedicato il titolo della presente denuncia-appello, che auspichiamo possa trovare il maggior sostegno possibile, anche in riferimento alla petizione che si vuole avviare insieme al Tribunale del Bambino.
(S.B.)
Si tratta di un problema principalmente infantile che si manifesta nella scrittura, quando questa sia disordinata, illeggibile e realizzata in modo eccessivamente lento o eccessivamente veloce.
Essa emerge nel bambino quando la scrittura inizia la sua fase di personalizzazione, indicativamente (e solo genericamente) alla terza elementare.
In genere il problema della scrittura disorganizzata viene sollevato dagli insegnanti elementari che lamentano la difficoltà di seguire il bambino nel suo disordine. Nelle due classi precedenti lo sforzo e il disordine sono in genere determinati dalla fatica dell’apprendimento, in terza elementare il gesto è abbastanza automatizzato da lasciar spazio alla spontaneità e, di conseguenza, all’evidenziazione della difficoltà.
Le abilità di base coinvolte sono la coordinazione nel movimento, l’orientamento e l’organizzazione spazio-temporale, la coordinazione oculo-manuale, la consapevolezza dello schema corporeo, la memoria sequenziale, il linguaggio, il senso del ritmo (in genere immaturo), il processo di simbolizzazione (rallentato), la capacità di discriminazione suoni-segni.
La disgrafia può essere secondaria alla presenza di altri disturbi dell’apprendimento, ma non necessariamente è ad essi correlata: si può essere disgrafici e non dislessici né disortografici.
Le cause possono essere diverse: lesionali, turbe neurologiche minori (disfunzioni cerebrali minime), deficit sensoriali, irregolarità della lateralizzazione, errata postura, errata percezione e organizzazione spaziale, problemi motori trascurati, emotività.
Può concorrere ovviamente l’errato uso dello strumento scrittorio, insieme con la progressiva rarefazione, o proprio la mancanza, di una didattica adeguata e attenta a queste tematiche: sempre meno, infatti, si insegna ai bambini “come” scrivere e ancor meno vengono impostati programmi mirati e duraturi di pregrafismo nelle scuole materne.
Non è stato ancora chiarito se la disgrafia sia specificamente un disturbo modulare dell’apprendimento o se essa riguardi invece, in modo più ampio, i sistemi percettivo e/o cognitivo.
Infatti, a differenza della dislessia, della discalculia e della disortografia (con la quale erroneamente è spesso identificata), la disgrafia coinvolge trasversalmente differenti competenze e può richiedere, oltre al trattamento specifico, anche un approccio terapeutico profondo.