L’ANIEF (Associazione Professionale Sindacale) intende denunciare i tentativi sempre più frequenti di spacciare per una buona prassi di integrazione l’assorbimento dei novantamila docenti di sostegno su posto comune, come richiesto da associazioni e fondazioni. Servono infatti posti in più e non insegnanti in meno.
L’avevamo detto e lo abbiamo sempre sostenuto: l’insegnante di sostegno riveste una figura specializzata che non può essere cancellata o sostituita in ragione di interessi particolari (carenza di organico) o generali (risparmio della finanza pubblica). L’attenzione che anche il Legislatore ha portato sul tema – come le ultime raccomandazioni all’utilizzo dei fondi per la formazione soprattutto per l’aggiornamento del personale scolastico in materia di handicap – pur condivisibile nella misura in cui intende creare delle competenze specifiche spesso assenti, non può e non deve in alcun modo prestarsi alla volontà di associazioni e fondazioni di eliminare l’organico di sostegno, in ragione di evidenti scelte dettate dall’economia.
A Dario Ianes [ci si riferisce al testo dello stesso da noi pubblicato e rintracciabile cliccando qui, N.d.R.], che in questi anni ha seguito da vicino il proliferarsi di diversi corsi e diversi strumenti voluti per creare questa professionalità, con costi non certo indifferenti affrontati da famiglie, insegnanti e istituzioni pubbliche, rispondo che il diritto all’integrazione è costituzionalmente protetto e non può essere ceduto in nome di una fantomatica inclusione che si dovrebbe verificare laddove l’insegnante curriculare si prendesse in carico da solo dell’intero processo educativo dell’alunno con handicap nella complessità dell’intervento didattico che deve attuare nei confronti di tutti gli alunni della classe.
Lo abbiamo visto con i recenti Progetti I.C.A.R.E. [dei progetti ministeriali I CARE – Imparare Comunicare Agire in una Rete Educativa, si veda nel sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, cliccando qui, N.d.R.], che seppur ben finanziati, hanno messo in luce tutte quelle difficoltà e tutte quelle carenze che l’insegnante curricolare ha nel rapporto con i colleghi specializzati sul sostegno e nella costruzione condivisa di una progettazione individuale di intervento educativo nei confronti degli alunni con handicap.
Lo abbiamo letto nelle pagine della Sentenza 80/10 della Consulta, laddove di fronte alla giusta idea di assicurare la pari erogazione del servizio del rapporto di uno a due su tutto il territorio nazionale tra alunni con handicap e docenti specializzati e di attuare una perequazione tra Province, il Giudice delle Leggi ha ricordato come comunque in tema di handicap il legislatore non possa decidere a priori un organico predefinito, senza autorizzare deroga al numero massimo di posti consentiti.
L’idea del super-insegnante affiancato da un consulente per rete di scuole – come se gli attuali insegnanti di sostegno potessero essere riconvertiti su posto comune e in pochi di essi potessero trasformarsi in esperti di counselling – può essere pensata soltanto da chi non frequenta il lavoro che ogni giorno gli insegnanti fanno nelle loro classi, può affascinare i genitori dei nostri alunni, può tranquillizzare i tecnici del Tesoro, ma risulterà pur sempre una chimera perché il docente curricolare, seppur formato (e qui ci vorrebbero almeno quattrocento ore di corso), raramente potrebbe seguire con continuità il percorso educativo individualizzato predisposto per l’alunno con handicap.
D’altronde, già i docenti specializzati sul sostegno si ritrovano in una sorta di “organico funzionale”, facendo parte della dotazione organica provinciale che li assegna di volta in volta alle istituzioni scolastiche, dove i dipartimenti H decidono l’assegnazione ai singoli alunni.
Pertanto, prima di commentare il quinto capitolo (Linee progettuali per un nuovo approccio all’integrazione scolastica degli alunni con disabilità) del Rapporto Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte dell’Associazione TreeLLLe, della Caritas Italiana e della Fondazione Agnelli (Erickson, 2011), preferirei spostare il dibattito sulle buone o sulle cattive prassi individuate durante la sperimentazione I.C.A.R.E, senza mai perdere di vista la giurisprudenza entro cui gli interventi necessari possano essere messi in campo.
*Presidente dell’ANIEF (Associazione Professionale Sindacale). Partecipante alla Consulta Nazionale delle Associazioni dell’Osservatorio sulla Disabilità presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), 2006-2008.