Alcune persone con disabilità amano viaggiare in modo avventuroso, accettando di fare esperienze che comportano qualche rischio, essendo l’accessibilità dei luoghi per niente garantita. Abbiamo pubblicato in questo sito i servizi riguardanti i viaggi di Giampiero Griffo a Machu Picchu in Perù e nell’isola indiana di Elephanta e abbiamo raccontato i “vagabondaggi” di Walter Cagno (se ne legga cliccando rispettivamente qui, qui e qui). Ora è la volta di Carla Castagna, paraplegica a seguito di un incidente, che qualche anno fa è stata in Giordania proprio con Walter Cagno e ha trascorso una notte in tenda. C’è andata in primavera e il viaggio non era organizzato da alcuna agenzia. Si è fidata di Walter, chiaramente – come si può leggere nella nostra intervista – un esperto viaggiatore. Walter ha organizzato il viaggio e si è fatto accompagnare dalla ex moglie, dal nipote e dall’assistente personale.
Quindi ti sei trovata con tutto l’itinerario preparato?
«Più o meno. Il volo e gli alberghi, e anche il pulmino accessibile che dall’areoporto ci avrebbe preso in carico e portato nel corso dei giorni a visitare la Giordania sono stati tutti predisposti da Walter. Poi però insieme abbiamo anche un po’ cambiato la scaletta in corso d’opera. Per esempio, abbiamo inserito all’ultimo l’escursione nel deserto».
Quant’è durata la vostra esperienza?
«Una decina di giorni».
E qual è stata la parte più avventurosa?
«Lo so che è l’ultima cosa che ci si aspetterebbe di sentire, ma la vera avventura è stata il rientro a casa, da Malpensa a Torino!».
Davvero?
«Eh sì. Perché il pullman che fa il collegamento ha una pedana che a un certo punto si è inceppata. Noi eravamo già saliti. Gli altri passeggeri sono scesi tutti e sono saliti su un altro pullman. Noi abbiamo aspettato il tecnico, che però non arrivava più. Lo abbiamo atteso per ore, non sto scherzando. Finalmente ci hanno fatto scendere e poi risalire. Pareva tutto a posto, ma a Torino si è rotto di nuovo. Per fortuna l’amico che mi è venuto a prendere mi ha preso in braccio e mi ha fatto scendere così. È stata davvero un’avventura».
Al confronto, quindi, la Giordania è stata una passeggiata?
«Beh, siccome ci aspettavamo un’inaccessibilità più marcata, siamo rimasti piacevolmente sorpresi. Nella capitale Amman, dove siamo atterrati, abbiamo trovato ad attenderci il pullmino, che però non era attrezzato e perciò siamo dovuti salire, io e Walter, facendoci portare in braccio; è andata avanti così per tutti i giorni della vacanza».
E in albergo?
«Bene, era accessibile».
E la città?
«Mi è piaciuta molto. L’abbiamo girata parecchio. C’è una specie di teatro romano, che abbiamo visto solo da fuori perché all’interno c’erano dei gradini e una zona più antica. È una città animata, gli abitanti si riversano nelle strade e vivono molto all’aperto. E poi il loro mercato coperto, bellissimo, pieno di colori e di vita: ho fatto incetta di spezie ed erbe aromatiche in una specie di emporio e ancora adesso mi è rimasto a casa un po’ di sesamo e qualche altra cosa».
Siete rimasti sempre nella Capitale?
«No, abbiamo fatto un piccolo tour. Siamo stati a Gerico, a visitare le rovine romane e l’Arco di Adriano. È stato abbastanza difficile girare, ma nel complesso abbiamo visto moltissime cose. Tra i vari luoghi visitati c’è stata anche Petra. Non me la dimenticherò mai. È un posto sconvolgente e bellissimo. L’albergo lì era accessibile. Nella visita della vecchia città, spingendoci con la carrozzina, abbiamo percorso la strada fino al palazzo costruito sulla roccia. Una cosa strepitosa, con il sole del mattino che lo illumina. Si chiama il Palazzo del Tesoro. A quel punto gli altri si sono fermati, ma io avevo ancora energie. C’erano delle persone con dei dromedari che accompagnavano i turisti nel deserto. Ho deciso di provare. Abbiamo fatto una trattativa per fissare il prezzo e mi sono divertita, è stato quasi un gioco. Alla fine mi sono accordata per un giro di un’ora».
In groppa al dromedario?
«Sì! Da seduto è alto più o meno come la mia carrozzina. Mi sono fatta aiutare per salire. Bisogna però tenere conto che sono paraplegica e quindi con le braccia sono in grado di tenermi su, di aggrapparmi. Mi è stato detto, quindi, di mettere una mano davanti e una mano dietro a me. Poi si è alzato».
Com’è andata?
«Per alzarsi si piega in avanti e sembra di cadere. Che strana esperienza! Poi, una volta in piedi, ed è molto alto, cammina ondeggiando. Un ragazzino lo teneva al guinzaglio».
Non hai avuto paura?
«All’inizio ero terrorizzata. Ma dopo un poco mi sono abituata a coordinarmi con l’andatura di questo grande animale, e sono perfino riuscita a fare delle foto. Inoltre il ragazzino andava molto piano e anche questo mi rassicurava».
Cos’hai visto?
«Altri palazzi imperiali, altre rovine, altre arene. E bisogna tenere conto che si tratta solo di una parte minima di ciò che c’è e che hanno scavato e reso pubblico. Infine, quando sono tornata, con Walter abbiamo deciso di prendere una specie di carrozza con cavallo. Ognuno di noi due è salito su una carrozza diversa. Andavano velocissimi, come dei matti».
Altri ricordi preziosi di questi dieci giorni?
«Direi il bagno nel mare dove c’è la barriera corallina. E poi l’escursione nel deserto rosa. È stata una variante ai piani iniziali, ma ci era venuta voglia di sperimentare la notte nella tenda».
Avete dormito nella tenda nel deserto?
«Sì beh, è meno avventuroso di come può sembrare, perché ci sono delle tende fatte apposta per i turisti, fornite perfino di brande. Comunque è stato indimenticabile. Abbiamo mangiato insieme ad altri turisti, ci hanno cucinato l’agnello scaldandolo sotto la terra, alla loro maniera. Hanno danzato per noi delle danze tradizionali e poi ci hanno svegliato presto, per vedere l’alba».
Rimane aperto l’invito ai Lettori, che vogliano raccontarci esperienze simili a quelle che stiamo raccogliendo qui, a contattarci per accordare un’intervista all’indirizzo email info@superando.it.
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