Se ne è parlato già più volte sulle pagine di questo sito: nei mesi scorsi, l’Associazione TreeLLLe, la Fondazione Agnelli e la Caritas Italiana hanno pubblicato il rapporto intitolato Gli alunni con disabilità nella scuola italiana: bilancio e proposte (Erickson, 2011), al termine del quale si proponeva tra l’altro che la maggior parte degli attuali 90.000 insegnanti per il sostegno diventassero docenti curricolari e che una piccola parte di loro – molto selezionati – andassero a comporre dei gruppi itineranti di consulenza, incardinati presso dei Centri Risorse per l’Integrazione Scolastica (CRI), dotati di propria autonomia amministrativa, contabile e didattica, abbandonando in tal modo l’insegnamento attivo, per prestare consulenze alle singole scuole, riguardo anche alla specificità delle singole tipollogie di minorazione.
Ora, esattamente il 20 marzo scorso, la SIPeS (Società italiana di Pedagogia Speciale) ha pubblicato un documento (disponibile cliccando qui), ripartito sostanzialmente in cinque punti, ove vengono fortemente criticate quelle ipotesi e di questo ci vogliamo occupare.
Nel primo punto, la SIPeS – pur prendendo atto delle numerose critiche mosse dagli autori del rapporto all’attuale situazione dell’inclusione scolastica in Italia – sottolinea però il fatto incontestabile che esistono pure numerosi casi di buona inclusione, con punte di eccellenza. Gli altri quattro punti, invece, riguardano direttamente l’ipotesi sopra formulata. Vediamoli uno per uno.
2.1. (La figura dell’insegnante di sostegno)
Il documento ritiene che costituire dei gruppi di consulenti totalmente sganciati dall’insegnamento creerebbe una profonda e insanabile frattura tra questi e i docenti, che non vedrebbero in essi più dei colleghi, ma dei controllori esterni.
La SIPeS ritiene inoltre che le attuali carenze di preparazione dei docenti curricolari potrebbero essere superate dai nuovi programmi riguardanti la loro formazione iniziale nella scuola dell’infanzia e in quella primaria, previsti dal Decreto Ministeriale 249/10, che introducono una buona formazione iniziale di questi docenti anche in tema di inclusione, mentre essa è insufficiente per i futuri docenti curricolari di scuola secondaria. Per questi ultimi, quindi, si potrebbe supplire – almeno per adesso – con delle ore di straordinario a docenti più preparati.
Quanto poi alle specificità, si potrebbe attivare una banca-dati comprendente i nominativi di docenti curricolari particolarmente aggiornati su certi aspetti, come la didattica per alunni ciechi, sordi, autistici ecc., garantendo anche una maggiore continuità nella stessa classe.
2.2. (Abolizione degli effetti scolastici della certificazione sanitaria e nuove modalità di attivazione delle risorse umane e finanziarie)
Il rapporto Gli alunni con disabilità nella scuola italiana propone di abbandonare le attuali certificazioni sanitarie, per sostituirle con le diagnosi bio-psico-sociali realizzate mediante l’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento della Disabilità e della Salute, definita nel 2001 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, nella quale si dà molto meno peso alle valutazioni di tipo sanitario a favore di quelle di carattere psicologico e sociale.
La SIPes teme tuttavia un’eccessiva deriva psicologica e ribadisce l’utilità di una valutazione dei bisogni educativi speciali derivanti dalle specifiche minorazioni. Chiede per altro che le attuali Diagnosi Funzionali – oggi di esclusivo monopolio degli operatori sanitari delle ASL – vengano redatte congiuntamente anche dagli operatori scolastici, con la collaborazione delle famiglie; ciò perché – pur sentendosi i docenti rassicurati da consigli provenienti anche da sanitari – l’impostazione degli interventi didattici dovrebbe però derivare da una valutazione complessiva dei bisogni educativi, effettuata prevalentemente dai docenti di classe, con la collaborazione degli attuali docenti per il sostegno.
2.3. (Attivazione a livello territoriale di nuovi centri risorse per l’integrazione per il coordinamento e la valorizzazione delle risorse e per l’accompagnamento delle famiglie)
Il documento della SIPeS analizza poi i rischi di conflitti che potrebbero verificarsi tra gli attuali centri istituzionali decisionali – come gli Uffici Scolastici Provinciali e Regionali, i Gruppi di Lavoro Interistituzionali Provinciali (GLIP) per l’integrazione scolastica – e i nuovi Centri Risorse per l’Integrazione, data l’ampia autonomia di cui questi sarebbero dotati e l’indipendenza dagli Enti Locali che attualmente debbono coordinare il progetto di vita delle persone con disabilità, ai sensi della Legge 162/98 e dell’articolo 14 della Legge 328/00.
Inoltre, dal momento che i Centri avrebbero pure il compito di premiare con maggiori risorse economiche le scuole migliori, quelle più carenti – ovvero quelle che avrebbero maggior bisogno di interventi – verrebbero invece ulteriormente deprivate.
2.4. (Istituzione di forme di valutazione della qualità dell’integrazione e di pratiche di informazione e ricerca)
Dove però il documento della SIPeS “va giù più duro” è sul tema della valutazione che i Centri dovrebbero effettuare sulle singole scuole, ciò che ridurrebbe di molto l’autonomia delle istituzioni scolastiche, la quale invece – vale la pena ricordarlo – è stata letteralmente “esaltata” da un recente Disegno di Legge, approvato al Senato.
Già molte scuole effettuano spontaneamente tale valutazione e secondo la SIPeS sarebbe opportuno avviare una sperimentazione nazionale – sulle proposte del rapporto – per la quale la SIPeS stessa dichiara la propria disponibilità. Tale sperimentazione, tuttavia, richiederebbe alcuni anni e pertanto, conclude il documento, quelle proposte non possono certo essere di immediata attuazione.
Personalmente ho già scritto su tali proposte (se ne legga cliccando qui) e in tal senso condivido le osservazioni critiche della SIPeS. Non posso però condividere l’idea di quella sperimentazione immediata. Se oggi infatti – sia pure in poche classi – si togliessero i docenti per il sostegno e si affidasse ai soli docenti curricolari il delicato compito dell’inclusione, andremmo certamente incontro a un fallimento: come potrebbero gli attuali docenti curricolari non preparati né con una formazione iniziale sulla didattica dell’inclusione e nemmeno con una formazione obbligatoria in servizio, fronteggiare le delicate situazioni di alunni con gravi difficoltà di apprendimento? Come potrebbero, inoltre, gli stessi docenti – sia pur con la consulenza itinerante dei Centri Risorse – seguire i singoli casi in classi numerosissime, in cui talora si trova più di un alunno con disabilità e altri con difficoltà di apprendimento diverse?
Se si vuole dunque effettuare una sperimentazione, occorre prima formare minimamente i docenti curricolari e contestualmente rispettare l’articolo 5, comma 2 del Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) 81/09, che fissa a venti il numero massimo di studenti nelle classi frequentate da alunni con disabilità.
Ritengo infatti che se venissero seriamente realizzate almeno queste due condizioni, si avrebbe una vera presa in carico del progetto di inclusione da parte dei docenti curricolari e si potrebbe anche ridurre il numero delle ore di sostegno assegnate a ciascun alunno, superando l’attuale delega ai soli docenti per il sostegno e migliorando la qualità dell’inclusione scolastica, che dovrebbe essere autovalutata dalle singole scuole, dalle famiglie e pure da soggetti terzi.
Grazie pertanto a chi ha elaborato il rapporto Gli alunni con disabilità nella scuola italiana, che ha avuto il merito di rilanciare il dibattito sull’inclusione scolastica e sulla sua qualità – ormai languente in Italia da troppo tempo – e grazie anche alla SIPeS, per l’analisi critica delle proposte. Attenzione, però, ad avviare sperimentazioni che richiedono comunque una lunga preparazione e che forse, nell’attuale epoca di crisi finanziaria, potrebbero essere “cavalcate” a tutto danno del diritto allo studio degli alunni con disabilità.
*Vicepresidente nazionale della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap).
Sulla materia trattata nel presente testo, suggeriamo poi la lettura – sempre nel nostro sito – di: Una proposta per il futuro dell’inclusione scolastica (di Salvatore Nocera, cliccare qui); Salviamo i princìpi, ma miglioriamo la qualità dell’integrazione (di Flavio Fogarolo, cliccare qui); L’integrazione non si discute, ma spesso è insoddisfacente (di Dario Ianes, cliccare qui); Servono posti in più, non insegnanti in meno (di Marcello Pacifico, cliccare qui); L’Incompiuta ovvero dell’integrazione (di Giancarlo Onger, cliccare qui); Teniamo vivo il dibattito sull’integrazione (di Claudia Trombetta, cliccare qui).