Per la prima volta, da quando Silvia usa il ventilatore polmonare [dell’utilizzo del ventilatore polmonare da parte di Silvia Genta, figlia dell’autore del presente articolo, si legga anche altrove, sempre nel nostro giornale, N.d.R.], “osiamo” andare in vacanza. Alla tradizionale dotazione “da weekend lungo” (due enormi valigie rigide, quattro-cinque borsoni, svariati contenitori colmi di attrezzature sanitarie ecc. ecc.), aggiungiamo solo due ventilatori polmonari con annessi e connessi, oltre a un bombolone di ossigeno da 80 chili più relativo “bombolino da passeggio”.
Il fido Viano è stracarico quando, in un radioso sabato mattina di fine giugno, riusciamo finalmente a metterci in viaggio, con appena alcune ore di ritardo sulla tabella di marcia.
Meta agognata, il Villaggio Pierre & Vacances a Cap Esterel (Agay), vicino a Cannes, posto che conosciamo già, per esservi stati (ma senza Silvia) parecchi anni addietro.
In viaggio si palesa subito l’utilità del ventilatore polmonare: senza quest’ultimo, infatti, il respiro di Silvia doveva essere controllato con modalità “ossessive” e ogni volta che la ragazza si assopiva (talvolta la noia del “déjà vu” induce al sonno anche le più incallite viaggiatrici…), il vecchietto seduto al suo fianco tentava di rilevarne in maniera attendibile i parametri respiratori, temendo nefande desaturazioni.
Per farla breve, dopo due ore e mezza di viaggio siamo a destinazione. Il luogo è favolosamente bello, con un panorama stupendo di rocce rosse frammiste a lussureggiante vegetazione, con mare incantevole e piscine non da meno.
Breve sosta alla reception et oplà, eccoci sistemati benissimo. Veramente tra la “breve sosta” e l’oplà ci sono i soliti dieci viaggi di trasbordo delle masserizie e il povero vecchio di cui sopra – con cintura lombare abilmente celata sotto la Lacoste rosa tenue – trasferisce lestamente armi e bagagli nel monolocale che ci ospiterà per i prossimi giorni.
È un monolocale un po’ particolare perché dispone di una bellissima terrazza coperta (la cui utilità come magazzino attrezzi si palesa nel breve, ma intenso temporale che rinfresca il meriggio), soggiorno con divano e sottostante letto ad estrazione, attrezzatissima zona cucina, bagno di buone dimensioni, ma non specificatamente attrezzato e zona ingresso con due letti a castello.
Il costo dei quattro giorni di permanenza sarebbe “da oligarca russo”, ma l’offerta superscontata lo rende accessibile.
Il villaggio è costruito a semicerchio attorno alle varie piscine e pur essendo di dimensioni notevoli, è inserito armonicamente nel paesaggio. Gli appartamenti, molti dei quali con giardino o terrazza, sono sfalsati su due-tre piani e collegati da un dedalo di stradine in parte percorribili in carrozzina.
La Francia è un Paese di antica civiltà, che da tempo sembra avere aggiunto la parola accessibilité alle tradizionali fraternité, egalité e liberté, anche se nel villaggio la pendenza delle rampe è spesso eccessiva e la loro collocazione volutamente imprevedibile, per evitare la noia dei percorsi troppo lineari.
I quattro giorni di lieta permanenza trascorrono in un lampo. È un susseguirsi di ardimentosi bagni in piscina (ardimentosi per via della tracheostomia di Silvia nella quale vispi bimbetti cercano birichinamente di schizzare acqua clorata di piscina con le loro armi-giocattolo), sane passeggiate nel verde e incursioni nel fornitissimo supermercato annesso al villaggio, dotato di notevole banco-gastronomia di 8 metri lineari con 44 specialità regionali appena cucinate e pronte all’asporto.
Le notti, al solito, sono dedicate non già al sonno ristoratore, ma al controllo e alla manutenzione delle apparecchiature varie in dotazione a “Sua Signoria”, nonché alle tradizionali attività di visione di telegiornali multilingue e Campionati del Mondo di Calcio.
E alla fine ripartiamo canticchiando «Ah, la France , la douce France – le jolie lieu de mes vacances!» (“Ah, la Francia, la dolce Francia, il bel luogo delle mie vacanze!”) e ci reimmergiamo nel tran-tran casalingo.
Chi può ci vada. Lo merita.
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