In queste settimane abbiamo avuto spesso occasione di citare come “caso limite” quella classe dell’Istituto Professionale Francis Lombardi di Vercelli, nella quale sono stati concentrati sette ragazzi con disabilità, seguiti da tre insegnanti di sostegno (se ne legga, in questo sito, cliccando qui). E sono stati in molti a citarla, nei vari interventi da noi pubblicati, per raccontare un inizio di anno scolastico che per l’inclusione degli studenti con disabilità sembra davvero ancor più complicato dei precedenti. Non era però difficile prevedere che – vista la situazione – ben presto altre scuole italiane avrebbero cercato di “insidiare” quel triste primato. E infatti, è sufficiente sfogliare qualche rassegna stampa, per trovare altri “casi limite”, che dunque tali ormai non si possono più definire.
Leggiamo ad esempio ciò che accade all’Istituto Professionale Statale per l’Agricoltura di Villacidro – Comune sardo del Medio Campidano reso noto dal celebre romanzo di Giuseppe Dessì Paese d’ombre – dove una prima classe, formata da ventitré alunni, ne comprende sei con disabilità, mentre altri cinque sono riuniti in un’unica quarta. Secondo poi il quotidiano «La Nuova Sardegna», «disfunzioni analoghe nell’assistenza a bambini e ragazzi con deficit fisici e mentali si registrano in altre zone dell’isola. Da Alghero a Sassari, dall’Iglesiente al Nuorese e alla Gallura, stanno per essere presentati numerosi ricorsi ai giudici amministrativi».
Viene riportato anche il commento di Marco Espa, vicepresidente della Commissione Sanità e Politiche Sociali del Consiglio Regionale: «Per la prima volta da decenni abbiamo un accorpamento degli alunni con disabilità che in Sardegna non si vedeva dai tempi delle famigerate classe speciali. I diritti umani di quegli alunni sono violati, i diritti dei loro compagni di classe pregiudicati». «Stiamo facendo un censimento delle emergenze – dichiara dal canto suo Francesca Palmas, responsabile per il settore della scuola dell’ABC Sardegna (Associazione Bambini Cerebrolesi) – e ci vengono denunciate tante anomalie soprattutto nelle prime elementari e nelle prime superiori. Questo è il risultato catastrofico delle direttive date alle scuole dal ministro Gelmini».
Ma vediamo un caso se possibile ancor più eclatante, che si verifica a Genova, come riporta il quotidiano «Il Secolo XIX». Infatti, all’Istituto Superiore Commerciale Statale “E. Montale” Nuovo IPC – scuola del quartiere Marassi ritenuta “di confine” anche da un punto di vista sociale – una delle tre prime classi dell’indirizzo professionale dell’anno scorso è stata soppressa e divisa in due seconde. Nella prima di esse sono confluiti tutti gli studenti non disabili (più di trenta alunni), mentre nell’altra sono stati inseriti tutti i ragazzi con disabilità, ovvero sette su venticinque!
«Quella classe – denuncia Giacomo Piombo, segretario per Genova della Consulta Handicap Regione Liguria – è una “galera coatta”». E aggiunge: «Non possono farlo, è una decisione illegale. La legge prescrive che le concentrazioni di portatori di handicap sia al massimo di uno ogni venticinque studenti». «In realtà – replica Sara Pagano, direttrice provinciale degli Studi – la legge non disciplina il numero dei ragazzi disabili, ma il rapporto con gli insegnanti di sostegno, che rispetto all’anno scorso non sono diminuiti. Certo, è ragionevole non concentrare troppo studenti con questi problemi in una stessa classe». In ogni caso, la realtà, come informa una docente dello stesso Istituto Montale, è che «una delle due seconde è formata da trentadue allievi senza problimi disabilità, mentre l’altra ne ha venticinque, tra i quali sette con disabilità. E con gli insegnanti di sostegno si crea “un affollamento” simile: infatti, a fare lezione, oltre ai venticinque studenti, c’è il docente della materia, cinque insegnanti di sostegno e un’educatrice ed è evidente che fare scuola in queste condizioni diventa quasi drammatico».
Ma perché sta accadendo tutto ciò? Soffermiamoci per questa volta solo al problema del sovraffollamento, tralasciando tutte le altre (consistenti) questioni irrisolte, e ricordiamo quanto scritto su queste colonne qualche settimana fa dal vicepresidente della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) Salvatore Nocera, nel commentare le nuove Linee Guida per l’Integrazione Scolastica degli Alunni con Disabilità, emanate in piena estate dal Ministero e pur definite dallo stesso Nocera come «un buon punto di partenza» (il testo integrale è disponibile cliccando qui): «Nulla [vi] si dice circa la precisazione del numero massimo di alunni con disabilità nella stessa classe, prima fissato dal Decreto Ministeriale 141/99, che è però stato abrogato dal DPR 81/09, nonostante le varie richieste di chiarimenti».
Qualche giorno dopo, poi, sempre da parte della FISH era stato richiesto un monitoraggio urgente al Ministero, dopo che la Federazione e le Associazioni ad essa aderenti avevano incominciato a ricevere un crescente «numero di segnalazioni fortemente in contrasto con i princìpi della qualità dell’inclusione scolastica», riguardanti appunto «l’esistenza di classi formate da oltre trenta alunni, con al loro interno sino a tre o quattro alunni con disabilità, generate tanto dalla composizione di nuove prime classi, quanto dalla fusione di classi terminali». «Si tratta di una situazione – proseguiva la nota della FISH – non conforme né al DPR 81/09 sulla costituzione delle classi e gli organici di diritto, né alla Circolare Ministeriale 63/09 sugli organici di fatto e ovviamente in contraddizione con le recenti Linee-Guida. Ma soprattutto si tratta di una situazione in grado di danneggiare la qualità del servizio di istruzione nel suo complesso e non solo per gli alunni con disabilità» (il testo integrale di tale nota è disponibile cliccando qui).
In quella stessa occasione, Nocera aveva evidenziato dunque «il rischio di un massiccio ricorso alla Magistratura da parte di quei genitori, con aggravi economici iniziali per le famiglie che potrebbero tradursi, a seguito delle sentenze, in seri aggravi finanziari per l’erario, in considerazione del fatto che le sentenze di questo genere sino ad ora si sono sempre rivelate favorevoli alle giuste rivendicazioni dei genitori».
Assai rapidamente – va riconosciuto – il Ministero aveva risposto alla FISH, tramite un messaggio inviato da Sergio Scala, vicedirettore della Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione (Dipartimento per l’Istruzione), a tutti gli Uffici Scolastici Regionali, ove si chiedeva «un’attenta valutazione dell’opportunità di disporre un monitoraggio, teso ad accertare l’effettiva consistenza del fenomeno segnalato» (se ne legga cliccando qui). E in tale direzione Regioni come la Campania hanno già incominciato a muoversi, ciò che sta succedendo anche in Sardegna, come detto in precedenza.
Ora siamo quindi in attesa di vedere se e in che modo si riuscirà a porre rimedio a un problema che diventa sempre più grave. In questo momento, però, come dar torto a Evelina Chiocca del CIIS (Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno), che da queste colonne aveva parlato di «classi speciali non dichiarate»? (Stefano Borgato)
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