Nel riprendere i vari comunicati diffusi in questi giorni dalla FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap), riguardanti la scarsa attendibilità delle cifre proposte dall’INPS sull’operazione di contrasto ai cosiddetti “falsi invalidi” – cifre smentite dagli stessi medici dell’Istituto e anche da componenti regionali dello stesso, come quella della Sardegna (se ne legga cliccando qui) – avevamo naturalmente riferito anche delle diffuse proteste dei disabili veri contro gli abusi nei controlli, «con la convocazione – come si leggeva in una nota della Federazione – di migliaia di persone con sindrome di Down, con autismo, pluriamputate o tetraplegiche», nonostante la presenza di documentazione sanitaria evidente.
Per fornire dunque ai Lettori un esempio sintomatico di queste situazioni, ne abbiamo scelto uno – tra i tanti, tantissimi – che ci sembra particolarmente significativo, un “piccolo grande esempio”, ci scrive da Torino Vincenzo Bozza, «di come si possano gonfiare le statistiche sull’individuazione dei “falsi invalidi”».
Dopo quindi che a partire dal 1° febbraio scorso, l’INPS di Torino ha sospeso la pensione e l’indennità di accompagnamento alla figlia di Bozza, della quale egli è tutore, il nostro Lettore ha inviato al direttore di quella stessa sede dell’Istituto una lettera in cui scrive: «Ho ricevuto in data odierna una comunicazione di sospensione dell’invalidità civile di mia figlia, della quale sono tutore, che viene motivata per una presunta mancanza a una visita di verifica calendarizzata il 22 ottobre 2010. Ebbene, di tale visita non mi è stato mai notificato alcunché. Nel merito, comunque, faccio presente che: a) mia figlia è affetta da tetraplegia spastica neonatale, diagnosi questa che rientra sia al punto 9 che al punto 10 del Decreto Ministeriale 2 agosto 2007 [“Individuazione delle patologie rispetto alle quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante”, N.d.R.], e dunque dovrebbe essere esentata da qualsiasi ulteriore verifica come stabilisce il citato Decreto; b) la documentazione comprovante la diagnosi citata al punto a) è già in possesso degli enti pubblici che hanno rilasciato varie certificazioni e dunque facilmente oltre che doverosamente recuperabile presso i medesimi; c) la lettera alla quale sto rispondendo è stata inviata per posta semplice il che purtroppo non garantiva affatto che io la ricevessi e fa pensare che probabilmente anche la precedente comunicazione a cui si fa riferimento sia stata inviata allo stesso modo. Peccato che io non l’abbia ricevuta. Eppure codesto ente ha ritenuto comunque di dover sospendere la prestazione».
A questo punto – e ad ogni buon conto – Vincenzo Bozza allega alla lettera la copia di numerosi documenti (quelle dei certificati rilasciati dalla Commissione Provinciale Sanitaria Invalidi Civili di Torino nel 1974 e nel 1980, quella della revisione effettuata nel 1986 dalla Commissione di Prima Istanza per l’Accertamento degli Stati di Invalidità Civile di Torino e quella del certificato rilasciato dall’USSL TO IX – Servizio di Medicina Legale, attestante l’handicap in situazione di gravità ai sensi della Legge 104/92), dichiarandosi «certo che, se sarà consultata tale documentazione, essa sarà sufficiente a dimostrare che la mia tutelata non è una falsa invalida e che qualsiasi altra visita è perlomeno inutile».
«Sento comunque il dovere di protestare – prosegue Bozza – quanto meno circa il comportamento di codesta amministrazione che non solo non si è procurata la documentazione presso gli enti pubblici che ne hanno gli originali, come peraltro indica la normativa vigente, ma non ha provveduto nemmeno a richiederle al sottoscritto, onde evitare queste spiacevoli se non vessatorie conseguenze».
Dopo avere ribadito di «non esservi traccia alcuna della lettera di convocazione alla visita del 22 ottobre 2010», arriva il logico «invito a ripristinare immediatamente la prestazione in oggetto [pensione e indennità di accompagnamento, N.d.R.] o, se lo si riterrà necessario, a comunicarmi con modalità certificate la data della prossima, inopportuna e vessatoria visita alla quale si riterrà di dover sottoporre la persona. Solo menti molto (?) raffinate possono infatti pensare che questa persona, come tante altre peraltro, debba essere nuovamente obbligata a trascinarsi o a farsi accompagnare presso costose e pleonastiche commissioni per dimostrare di essere tuttora invalida, salvo miracoli intercorsi nel frattempo, per fruire di una prestazione purtroppo tanto necessaria quanto misera e vergognosa nella sua entità rispetto ai reali fabbisogni».
La risposta viene infine pretesa, «ai sensi della Legge 241/90 [“Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, N.d.R.], entro il termine e con le modalità che tale norma prevede».
Un caso quanto mai significativo, dicevamo, ma purtroppo non certo l’eccezione, anzi! (S.B.)