Ci risiamo. Come due anni fa, forse peggio. Allora almeno c’era un emendamento alla Legge Finanziaria da bloccare e la mobilitazione delle associazioni del 7 luglio 2010 fermò il Parlamento prima che venisse approvato lo scempio di un attacco all’indennità di accompagnamento e di un innalzamento della percentuale di invalidità per ottenere i benefìci previsti dalle leggi [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.].
Adesso ci sono solo le voci, le indiscrezioni, gli articoli che spaventano le famiglie e le associazioni. Ma la paura è la medesima di due anni fa, accresciuta dal contesto di crisi del Paese e dalla necessità assoluta del Governo di far cassa e di ridurre la spesa sociale.
E così, dopo la manifestazione delle famiglie del 12 maggio, ora scendono in campo anche i grandi coordinamenti nazionali, la FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap) e la FAND (Federazione tra le Associazioni Nazionali di Persone con Disabilità) [se ne legga nel nostro sito cliccando qui, N.d.R.], per indire lo stato di mobilitazione e una nuova, grande manifestazione a Roma il 23 maggio prossimo, fra meno di una settimana.
«In questi giorni il Ministero del Lavoro e quello dell’Economia stanno definendo il testo del Decreto che interverrà sull’ISEE [Indicatore della Situazione Economica Equivalente, N.d.R.] e i segnali sono tutt’altro che rassicuranti – scrivono le due organizzazioni in un documento congiunto -. Sembra infatti che il nuovo ISEE sarà gravemente svantaggioso per le famiglie in cui sia presente una persona con disabilità grave o un anziano non autosufficiente. Le misure in via di adozione portrebbero cioè a conteggiare come redditi anche gli aiuti monetari che lo Stato riconosce alle persone con disabilità (assegni di cura, indennità di accompagnamento, pensioni)».
E aggiungono la preoccupazione ancor più pressante e grave: «Circolano insistentemente voci ancora più inquietanti rispetto all’applicazione futura dell’ISEE. Questo verrebbe cioè applicato anche ai fini della concessione di pensioni e indennità di accompagnamento riservate alle persone con grave disabilità e ad ogni altra prestazione di sostegno all’autonomia personale. Un’ipotesi gravissima e smaccatamente volta a tagliare quel già minimo sostegno economico che lo Stato riconosce in caso di invalidità civile. A pagarne il prezzo sarebbero, ancora una volta, le persone con disabilità e le loro famiglie. Un’ipotesi che le Federazioni delle persone con disabilità respingono decisamente e con sdegno e che nessuna voce ufficiale del Governo ha finora smentito».
Sono francamente attonito di fronte alla gravità di queste ipotesi. Non c’è dubbio che chiunque conosca da vicino la storia dell’indennità di accompagnamento sa bene che si tratta, in Italia, dell’unica forma per compensare, almeno in parte, le spese maggiori che una persona disabile, e la sua famiglia, sostengono per compensare l’handicap. Non è una pensione, non è un reddito, è semplicemente un risarcimento, di fronte alla constatazione, da parte dello Stato, che al momento non è possibile garantire attraverso i servizi il principio della parità costituzionale dei Cittadini.
Mettere le mani nelle tasche delle persone con disabilità è un’operazione triste, inaccettabile, perfino incomprensibile. Ecco perché fino a ieri le grandi associazioni nazionali, che hanno seriamente partecipato ai Tavoli di Discussione con il Governo, erano ragionevolmente convinte che non si sarebbe arrivati a tanto, neppure in un momento così difficile per il Paese. Tanto più che appare chiaro come, per fare un buon bottino, occorre davvero “colpire in basso”, aggredendo redditi familiari modesti, altrimenti il numero delle famiglie che si vedrebbero decurtare le prestazioni e l’indennità di accompagnamento sarebbe irrisorio e ininfluente rispetto alle esigenze di cassa.
Questa misura – se fossero vere e confermate le preoccupazioni di FISH e FAND -sarebbe dunque davvero impopolare, vessatoria e destinata a gettare nell’angoscia centinaia di migliaia di famiglie italiane, già colpite dalla disoccupazione, dalle nuove imposte come l’IMU [Imposta Municipale Unica, N.d.R.], dalla perdita di potere d’acquisto degli stipendi e delle pensioni, dal taglio secco dei servizi erogati dai Comuni, dalle Province, dalle Regioni.
Dover parlare oggi di una manifestazione nazionale di protesta, da parte di persone non autosufficienti, in sedia a rotelle, non vedenti, sorde, con disabilità intellettiva, inabili al lavoro, è un dovere civile, ma dà anche una sensazione di sconfitta, di amarezza, che solo un pronto riscatto della Politica potrebbe modificare.
Non posso credere che davvero un Governo di tecnici ignori le conseguenze di una scelta così dolorosa e ingiusta. Da qui al 23 maggio c’è ancora tempo per rispondere pubblicamente e per rassicurare, in modo concreto, le associazioni e le famiglie. Prima che il mondo veda anche questa vergogna.
*Direttore responsabile di Superando.it. Il presente testo – qui riadattato al diverso contenitore – appare anche (con il titolo Costretti alla protesta) in InVisibili, blog del «Corriere della Sera.it».