Da una parte un percorso virtuoso che continua, con la gestione commissoriale della psichiatra Assunta Signorelli, che nell’ultimo anno ha tentato – pur tra mille difficoltà – di ridare dignità e diritti alle persone ricoverate e ai dipendenti, senza dimenticare la nascita, nel maggio scorso, dell’associazione denominata “In direzione ostinata e contraria”, formata da amministratori di sostegno e della quale abbiamo diffusamente parlato a suo tempo (si legga il testo disponibile cliccando qui).
Dall’altra parte, però, anche l’iter giudiziario segue il proprio corso, portando via via a sviluppi sempre nuovi e talora sorprendenti.
Stiamo parlando dell’Istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello (Cosenza), del quale ormai da anni seguiamo le tormentate vicende (a tal proposito riportiamo qui in calce un elenco di testi da noi pubblicati), una struttura che per anni era stata il simbolo della negazione assoluta dei diritti fondamentali per le persone con disabilità (per lo più psichica) che vi erano ospitate.
Ebbene, la notizia dei giorni scorsi è che anche monsignor Giuseppe Agostino, arcivescovo emerito di Cosenza, è fra gli indagati nell’inchiesta partita nel luglio del 2007, che aveva portato tra l’altro all’arresto del sacerdote Alfredo Luberto, ex presidente del Papa Giovanni, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla truffa e all’appropriazione indebita e a quello di Fausto Arcuri, ex componente del Consiglio d’Amministrazione dell’Istituto, che insieme a don Luberto e ad altre ventiquattro persone tutte indagate, aveva dato vita – secondo l’accusa – ad un vero e proprio “comitato d’affari”, utile a gestire, per altri fini, una parte consistente dei fondi erogati dalla Regione Calabria al Papa Giovanni, affidato ad una fondazione della Curia Arcivescovile di Cosenza (i dettagli si possono leggere, sempre in questo sito, nel testo intitolato Serra d’Aiello: arrivano gli arresti, ma continua la lotta, disponibile cliccando qui).
A monsignor Agostino, dunque – che pure era stato tra i primi a definire a suo tempo come «una bestemmia sociale» l’Istituto di Serra d’Aiello (si legga a tal proposito, in questo stesso sito, il testo disponibile cliccando qui) – il magistrato titolare delle indagini, Eugenio Facciolla, contesta i reati di associazione a delinquere e omesso controllo, perché «l’arcivescovo avrebbe conferito pieni poteri all’amministratore della struttura, omettendo ogni forma di controllo, pur essendo a conoscenza delle malefatte commesse da mons. Luberto e dai suoi presunti soci».
Una situazione, questa, protrattasi per anni, provocando, oltre a una grave esposizione debitoria, il totale decadimento dell’Istituto, con il conseguente venir meno degli standard anche minimi di condizioni essenziali, sia sul piano etico-sociale che su quello igienico-sanitario.
Prime vittime di tutto ciò – è quasi superfluo dirlo – le centinaia di pazienti con disabilità, insieme agli stessi dipendenti della struttura.
Continueremo naturalmente a seguire le vicende parallele – la “rinascita” da un lato, la storia giudiziaria dall’altro – di questo che è diventato un vero e proprio “simbolo di diritti negati”, la cui realtà è venuta alla luce anche grazie al costante impegno di associazioni come quelle aderenti alla FISH Calabria (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap). (S.B.)
– Serra d’Aiello: una bestemmia sociale
disponibile cliccando qui.
– La segregazione di Serra d’Aiello
disponibile cliccando qui.
– Serra d’Aiello: Nulla su di Noi senza di Noi
disponibile cliccando qui.
– Storia di abusi e indegnità, con coda paradossale
disponibile cliccando qui.
– Serra d’Aiello: arrivano gli arresti, ma continua la lotta
disponibile cliccando qui.
– Non ghetti, ma luoghi di vita
disponibile cliccando qui.
– Solo così si potranno veramente chiudere gli istituti
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– Serra d’Aiello: un brindisi al cambiamento
disponibile cliccando qui.
– Serra d’Aiello: un anniversario, un’associazione
e un percorso che continua, disponibile cliccando qui.
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